sabato 28 maggio 2011


IL RIFIUTO NELL’ARTE

La condanna di un oggetto a divenire rifiuto si realizza quando si esaurisce il bisogno che si ha di esso. Si può affermare che molto spesso il valore che diamo alle cose ne stabilisce parallelamente la durata e che l’identità di qualsiasi elemento dipende dal nostro giudizio e dalla sua necessità.
“RIFIUTO” non è altro che il nome che si attribuisce a tutto ciò che ai nostri occhi perde interesse, che siano opere d’arte, oggetti d’uso comune o persino esseri viventi.
In arte, l’aver dimenticato il valore e la storia di opere straordinarie ne ha deciso la loro fine: basti pensare all’Acropoli di Atene utilizzata dai Turchi come deposito d’armi.
Da questo oblio è nato, però, un nuovo fenomeno: 
 il riciclo.
Nella tradizione artistica il riciclaggio di materiali è sempre stato attività “lecita”; in pittura infatti è stato sistematico il riuso di tavole, supporti, cornici e tele e, in architettura, soprattutto nel Medioevo e nel Rinascimento i monumenti antichi furono oggetto di un vero e proprio saccheggio, lo “spoglio” di marmi e materiali preziosi in templi ed edifici romani sono diventati i tasselli di nuovi edifici, di un nuovo culto e di un nuovo concetto di cultura.
Il Colosseo, ad esempio, caduto ormai in disuso, con l’avvento del cristianesimo, si trasformò in una enorme cava di marmo, piombo e ferro che servirono ai papi per costruire palazzo Barberini, piazza Venezia e perfino San Pietro.
Il David di Michelangelo fu realizzato, nel 1504, da un blocco di marmo precedentemente sbozzato da altri due artisti che abbandonarono entrambi la scultura giudicando il marmo troppo fragile.
Il rifiuto non è solo sinonimo di inutile e inutilizzato ma anche di ciò che non viene compreso e apprezzato e di conseguenza viene relegato al di fuori del panorama culturale tradizionale. Nel 1863 viene inaugurato a Parigi il Salon des Refusès (Salone dei rifiutati), per accogliere le opere degli artisti esclusi dal Salon“ufficiale” ovvero quello dell’Académie des Beaux-Art di Parigi.

Ma il processo culturale ha man mano ribaltato il valore dello scarto e del rifiutato. L’industrializzazione, con il suo accumulare fece sì che nell’arte moderna lo scarto divenne soggetto privilegiato. Le tematiche superano, di conseguenza, quella strettamente artistica e espressiva andando a coinvolgere intenzionalmente l’ecologia, la ricerca sociale..
Le avanguardie si scatenano nello sconvolgere gli schemi rigidi dell’arte. Il Dada si contrappone al concetto e alla volontà di produzione dell’opera d’arte tradizionale; Marcel Duchamp propone il ready-made ovvero l’elevazione a valore estetico e artistico di oggetti ritrovati, e di uso comune. Oggetti appunto “già fatti” e collocati in un altro contesto, quello artistico, senza alcun intervento aggiuntivo da parte dell’artista, all’interno di altre e diverse regole di percezione e di interpretazione. Al di là dell’intento provocatorio queste opere rappresentano il tentativo di attuare uno spiazzamento nei rapporti tra un oggetto, il suo luogo e le sue funzioni offrendogli così una seconda possibilità di rinascita.
Percorrendo le varie correnti artistiche e le diverse modificazioni culturali si arriva all’arte contemporanea dove lo scarto, come oggetto di speculazione, sviluppa innumerevoli linguaggi. Il bello nell’arte viene destrutturato e ricomposto attraverso le sperimentazioni che elevano a immagine sublime il relitto, il rudere, lo sgradevole..
Michelangelo Pistoletto trova un legame profondo, tra antico e vecchio. Nella sua “Venere degli stracci” l’antica bellezza dell’arte classica osserva attraverso gli occhi della dea della bellezza un cumulo di vecchi abiti, logori, dimenticati ormai inutili; è qui che l’idea di scarto e rifiuto si fa più viva nel contesto culturale.
Infine arrivati ai nostro giorni, comprendiamo che il rifiuto nell’arte è una costante non sempre per diretta scelta dell’artista, ma perché è la nostra società che convive pericolosamente con la possibilità che i nostri “inutili rifiuti” ci sommergano..La presenza dei rifiuti nell’arte diventa oggi una ragione sociale quasi necessaria.
L’artista americana Miele Laderman Ukeles si è definita Artista ufficiale del New York City Department of Sanitation, ovvero l’azienda comunale per l’ambiente che si occupa di rifiuti e spazzatura. L’opera di Ukeles sta tra performance e land-art. Nella sua “Touch Sanitation” l’artista ha salutato e stretto la mano, uno per uno, tutti gli 8.500 operatori del N.Y.C.D.S. ripetendo ad ognuno “grazie tu mantieni viva New York”.
A Marzo 2007 Piazza del Popolo è stata invasa dai “Trash People”, un esercito fatto di 35 tonnellate di rifiuti urbani, opera monumentale dell’artista tedesco Ha Shult, che mostra quanta spazzatura ci lasciamo alle spalle.

Comprendere l’importanza dei rifiuti e promuovere il riutilizzo attraverso la raccolta differenziata e il riciclo.
 

Edouard Manet

Le déjeuner sur l'Herbe, 1863

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